Da dove è partita la crisi finanziaria mondiale?
Se siamo alla frutta, quando eravamo al dolce?
Facciamo un piccolo passo indietro e capiremo che, come al solito, tutta l'attuale situazione di caos è partita, tanto per cambiare, dal Paese che - nel bene e nel male - influenza la storia del pianeta: gli Stati Uniti, gli odiatissimi States, quelli del piano Marshall e dell'undici settembre, quelli del Brunello di Montalcino made in California e dei McDonalds, quelli di Tiger Woods e di Malcom X, insomma loro.
Nello scorso secolo, il ventesimo, girava un detto: "quando gli Stati Uniti starnutiscono, l'intero mondo prende il raffreddore".
Lo so che è odioso pensare che il Paese dell'operazione "Piombo Fuso" sia l'ago della bilancia, il locomotore della storia, ma è sempre stato così e non si vedono altre Nazioni in grado di condizionare altrettanto pesantemente il futuro del pianeta.
Tutto cominciò con la bomba del caso "prestiti subprime", lo scoppio della bolla dei mercati immobiliari statunitensi.
I mutui suprime erano mutui concessi, per l'acquisto di una casa di proprietà, anche a chi non aveva sufficienti garanzie da fornire, a chi era un cattivo pagatore e per questo non gli era consentito di accedere ad altri strumenti di credito, una sorta di girone dei sorvegliati speciali in materia di solvibilità.
Questi prestiti erano caratterizzati da un ragionevole tasso d'ingresso, che poi saliva vertiginosamente negli anni successivi perchè, come sappiamo, il tasso cresce al crescere della rischiosità del cliente.
Questi mutui concessi anche in caso di "inconcedibilità" servirono a piazzare sul mercato USA una miriade di abitazioni (ma anche automobili ed altri beni altrimenti inaccessibili per certe fasce della popolazione), e furono quindi un modo per ampliare il bacino di utenti che potevano accedere al mercato delle abitazioni, il cui prezzo, per questo aumento di potenziali acquirenti, era salito a livelli vertiginosi.
Solitamente a questi clienti non veniva rivelato l'insieme delle caratteristiche di quei mutui, anche perchè il cliente veniva rassicurato dal fatto che avrebbe potuto rifinanziare quel mutuo nel caso iniziasse a salire troppo il tasso d'interesse da pagare ("ti facciamo un altro prestito a parte che serva a tenere basso il tuo livello di rischiosità e quindi il tasso d'interesse che vai a pagare"). In tal modo, si prospettava la possibilità di riportare il tasso d'interesse a livelli di quello iniziale del mutuo, non male come ipotesi.
Oviamente fior di economisti avevano messo in guardia da questa scelleratezza, (per la tecnica bancaria un mutuo così strutturato è un lavoro da killers, così come l'euro, con i suoi poderosi shocks sui prezzi, era una nefandezza intollerabile), ma vennero zittiti da tutti coloro che sembrava ci stessero guadagnando: compagnie di costruzione, agenti immobiliari, istituti bancari e produttori di materiali edili.
E felici consumatori diventavano, spesso per la prima volta nella loro vita, proprietari di una casa.
Il settore passò praticamente inosservato agli occhi del Governo americano, dopo anni di deregolamentazione costante ad opera del partito repubblicano.
"Il mercato prima di tutto", senza regole e lacciuoli, il liberismo, la deregolamentazione, prestiti concessi anche a chi non poteva averne, e le vendite di case che volavano, con la domanda drogata da questa pratica, e i prezzi che si sballavano con gli effetti di questa droga dei mercati.
Nel triennio 2004 - 2006 arrivò il momento di cominciare a ripagare i mutui. Passata la "fase d'ingresso", i tassi d'interesse che gravavano su questi mutui cominciarono ad andare veramente a braccetto con la rischiosità dei clienti a cui erano stati affidati, e schizzarono verso l'alto, con molti affidatari che non erano in grado di ripagare o rifinanziare quei mutui.
Era il momento del "cerino acceso" in mano a chi vantava crediti nei confronti di quegli affidatari di mutui non in grado di ripagarli.
Ma nel frattempo il cerino era passato di mano, poichè prima che scoppiasse il bubbone le banche che avevano concesso quei mutui si erano rivenduti quote o totalità di quei crediti (vantati, ma nella realtà non esigibili) . I debiti inesigibili erano stati frazionati in azioni (in quanto rappresentavano "crediti vantati", quindi un qualcosa di positivo e cedibile) e venduti ad investitori stranieri e a istituti bancari di tutto il mondo sotto forma di pacchetti di investimento estremanente ben mimetizzati, pieni di cavilli e diciture che rendevano sommerse le componenti di rischiosità del prodotto.
Nel 2007 esplode il caso: 1.300.000 case sono state messe all’asta per insolvenza, il 79% in più rispetto al 2006. E' il panico, nessuno sapeva di chi fossero quei crediti senza valore, ci volle un po' per capire la subdola manovra che portava praticamente gli ignari investitori stranieri ad aver pagato le case costruite negli USA a velocità vertiginose.
Una truffa di banche a danno di altre banche, innalzamento della diffidenza reciproca tra istituti bancari, nessuno dava credito a nessuno, innesco del cosiddetto "credit crunch", situazione in cui non gira liquidità tra le banche perchè nessuna di esse presta più denaro a sue "colleghe" straniere, con la diffidenza che blocca i mercati.
A luglio 2008, grandi banche e istituzioni finanziarie a livello mondiale denunciano perdite per circa 435 miliari di dollari, partono le manovre di salvataggio di banche prima che sia troppo tardi: vengono salvate Freddie Mac e Fannie May negli Usa, il gigante delle assicurazioni
AIG e Northern Rock in Gran Betragna e Fortis e Dexia in Belgio.
Avvisaglie di bancarotte imminenti hanno spinto il Governo americano a predisporre un pacchetto di salvataggio (bailout) del valore di 700 miliardi di dollari per scongiurare i fallimenti prima che avvengano.
A tutto questo si aggiunge l'impennarsi delle quotazioni del petrolio, a causa della enorme domanda innescata dai paesi emergenti come Cina e India, elemento che fa salire il prezzo del cibo in generale, con pesanti ripercussioni sulle economie domestiche, mentre la crescita economica è avvelenata dal fenomeno del "dumping" principalmente cinese, con riversamento sui mercati mondiali di enormi quantità di prodotti ottenuti con politiche salariali schiavistiche, e quindi a prezzo largamente ribassato, che mette con le spalle al muro le unità produttive che della qualità avevano fatto il perno della loro domanda.
Il genocidio delle tipicità produttive affossate da Schengen diventa ogni giorno più evidente, spostamenti di grossi stocks di merci sui mercati provocano ondeggiamenti pericolosi dei prezzi, e le condizioni-capestro imposte da Maastricht mostrano tutti i loro letali effetti.
Il debito è veleno, il debito è la linfa dei suini grassi che si sono risucchiati verso l'alto la gran parte della ricchezza che avrebbe dovuto distribuirsi lungo tutta la piramide sociale.
Il debito va quindi azzerato, e se rifiutarsi di pagarlo significa "rischiare di non avere credito in futuro" in qualche modo faremo.
Ma dobbiamo uscire fuori da questo circolo vizioso.
Si torni alle dogane, alle frontiere, ai dazi doganali, al protezionismo e si esca dalla moneta unica.
Perchè quando tutto è unificato, monocolore, si sa esattamente di che colore vestire il male per mimetizzarlo.