domenica 11 settembre 2016

ROMA CAPOCCHIA

Ok, dai, vi ammorbo pure io col mio parere sul caso Raggi, tanto è domenica pomeriggio, non avete un cazzo da fare (a meno che non lavoriate in un outlet o centro commerciale o ipermegaultramultisalacentroacquisti o negozietto di provincia irriducibilmente votato al servizio) e quindi due minuti o anche meno potete perderli.
Dicevo, il caso Raggi.
Io non so se la sindaca sia o meno in grado di assolvere al suo compito, semplicemente perché il suo compito non glielo hanno fatto ancora assolvere.
Per capirci meglio: i Romani, notare la maiuscola, che sta ad indicare un popolo, dicevo i Romani eleggono sindaca una avvocata, che si chiama Virginia Raggi.
A parte che da questo momento rinuncio alle espressioni boldrinate perché suonano malissimo (sindaca avvocata generala colonnella …. per favore no, roba da venire sbranati dai Treccani), tornando a noi mi chiedo: ma perché quell’avvocato deve sottostare alle decisioni-diktat-consigli amichevoli di un direttorio espressione di un’azienda che sta a cinquecento km di distanza?
La Raggi aveva pescato dei collaboratori come assessori tra persone che, ognuno per la sua materia, avevano una competenza molto specifica. E siccome, come dice la vulgata ribellista, l’Italia intera è governata da decenni da vecchi marpioni maneggioni ammanicati tra loro è chiaro che se scegli un esperto lo ritrovi agganciato ai giri di cui sopra. La differenza è che a partire da quel momento ti assumi l’onere di sorvegliare l’operato di quell’esperto-ammanicato-empio ecc. ecc. , praticamente metti la sua esperienza al servizio di ideali più improntati alla legalità.
Sinceramente io non esiterei ad assegnare l’ipotetica cattedra di Comunicazione Sintetica Tramite Pizzini a Totò Riina, trovatemene un altro più esperto. Come non esiterei a chiamare il comandante Schettino se dovessi istituire un Corso di Gestione del panico in situazione di emergenza. Ah, mi dicono dalla regia che questa idea mi è stata già rubata dalla Sapienza di Roma, chiedo scusa, come non detto, non vorrei incorrere in problemi di copyright.
In sintesi, il concetto di fondo è: fatele scegliere chi cavolo le pare, vediamo come se la cavano.
Invece no.
La jihad inquisitrice non ammette eccezioni o morbidezze.
E quindi la Raggi si ritrova a fare una gara di gimkana a tempo con il copilota seduto a fianco che tira il freno a mano di continuo.
Una gomitata sul setto nasale a ‘sto punto non guasterebbe.
Ma cerchiamo di essere pacifisti, e vediamo come finisce questa sagra del fuoco amico.
Forza Virgy, e ricorda che la targa SCV sta a significare So Cazzi Vostri.

sabato 3 settembre 2016

CROLLING STONES



Il vespaio di polemiche e applausi suscitato da una vignetta della rivista francese Charlie Hebdo sul recente terremoto di Amatrice sta tenendo banco.
Stiamo ai fatti, al nero su bianco, alla penna su carta.
La vignetta è composta da tre figure, un uomo malconcio e sanguinante, una donna altrettanto malconcia e un sandwich multipiano di solai in cemento con ripieno di morti schiacciati.
Ad ognuno dei tre elementi è associato il nome di un primo piatto, si va dalle penne alla salsa di pomodoro alle penne gratinate per finire, appunto, con la lasagna di solai e cadaveri.
Col valido contributo esplicativo delle migliori menti italiche, i francesi lanciano una seconda vignetta nel pomeriggio, dopo le polemiche della mattinata, piegandosi al pietoso ruolo di chi deve spiegare una vignetta facendone un’altra più chiara.
Nella seconda vignetta si evita, a questo punto direi vigliaccamente per un baluardo di libertà, di ridisegnare membra sanguinanti affioranti da macerie e si sostituisce con una figura centrale, un ferito che spiega “non è Charlie Hebdo che ha costruito le vostre case, ma la mafia”.
Il personaggio disegnato che pronuncia questa frase è egli stesso un reduce da un terremoto, ed esprime questo monito risollevandosi dalle macerie. Quindi chi è stato additato come carnefice si disegna come vittima, vittima del terremoto di reazioni di chi non aveva capito la vignetta, immagino.
Intendiamoci, il fatto stesso che si sia stati costretti a lanciare una seconda vignetta per mettere le mani avanti la dice lunga sull’eroismo dei soggetti in questione, se sei un satiro serio ed eroico non spieghi, te ne freghi delle reazioni, non guardi in faccia a nessuno, ma torniamo a noi.
Sintesi: Pasta + mafia + baffi neri del primo personaggio raffigurato nella vignetta, ci mancava il mandolino e gli toccava versare qualcosina di SIAE agli autori del film “Fantozzi”.
Scherzi a parte, il fatto è che, al cospetto di cotanto sottilissimo ironizzare d’oltralpe sulla qualità dei calcestruzzi italici, l’intiera schiera degli internettuali ha reagito da par suo: rincarando la dose sull’autofustigazione e l’attacco alla kasta, e quindi percuotendosi con rami di betulla si è erta (?) a baluardo della libertà di satira e ha fatto passare una robetta da postcena con coma etilico in un’osteria marsigliese come un trattato di tecnologia delle costruzioni & procedura penale. Così, con un disegnino.
Ma pensa. Geniale.
"Hanno raffigurato il magna magna italico, hanno fatto bene, anzi, ci stanno facendo un favore, ci stanno aprendo gli occhi su cose che già sappiamo ma dobbiamo sapere meglio, vergogna, pensiamo alla corruzione piuttosto, ai soldi rubati, e allora il PD? E le foibe? Ecc. ecc." .
Il problema è che con la satira estrema ti puoi permettere di non avere idee perché tanto se fai sensazione l’idea ce la mettono gli altri.
Disegni la cosa più scadente e/o aberrante che ti viene in mente sapendo già che ci sarà qualcuno che la nobiliterà, semplicemente perché “è satira”.
Una sorta di scudo spaziale.
Ma ve l’immaginate se nella vita di tutti i giorni incontraste gente che esercita la libertà di satira come reagireste? “Ehi tu, guarda quel fanciullo abusato, hai idea di come caga bene adesso?”. Mi piace pensare che voi, di fronte ad una cosa del genere, cari internettuali satirici, ci leggiate una critica al putridume che c’è nella Chiesa che copre i pedofili, anche se il prete nel discorso non è minimamente citato (così come nella vignetta incriminata la longa manus della mafia o della politica NON è nemmeno accennata). E immagino abbraccereste il simpaticone complimentandovi per la sofisticatissima metafora.
Mettiamola così: la satira estrema facendosi vittima di censure e critiche in realtà si blinda la possibilità di poter fare tutto quello che vuole. Alla satira estrema è concesso tutto, anche di superare i limiti del ricorso allo scabroso, anche di percorrere ogni scorciatoia più bieca per creare una reazione. L’idolatrare un certo modo di violare i limiti è in realtà un tristissimo modo per sfogare il proprio bisogno di libertà repressa, è il parlare senza bisogno di tenere il cervello inserito, è l’ossessione per l’esibire cinismo come segno di forza e di capacità di ribellione.
Chi ha idee non ha bisogno di scorciatoie per dire qualcosa, chi ha idee può permettersi il lusso dell’empatia nel disegnare anche la cosa più scomoda.
Ma ha meno appeal dei bastardi che, evidentemente, sotto sotto covano mentalmente anche nella più amorevole creatura che posta amore pace e solidarietà su facebook.
Con l’avvento della rete la viralità delle provocazioni è centuplicata, e il numero di persone che possono sentirsi ferite o infastidite aumenta a dismisura. Di conseguenza dopo una furbata del genere è immaginabile che svariati milioni di persone abbiano sommessamente desiderato che l’autore provasse il loro stesso dolore, e che accoglierebbero con molta meno solidarietà un eventuale e malaugurato bis dell’attentato a quella redazione.
Ma quella di immedesimarsi nell’altro è una mania che limita le scorciatoie percorribili, e soprattutto è la negazione della satira. Che non guarda in faccia a nessuno. Per questo evita gli specchi.
p.s.: e basta con sto mandolino.

https://www.youtube.com/watch?v=YWh1SqZB_m0