venerdì 3 febbraio 2012

QUALCUNO TOCCHI ABELE

L’eco della decisione della Cassazione non si è ancora spenta.
Chi è indagato per violenza sessuale di gruppo può non essere necessariamente pericoloso per altri, non è detto che possa ancora commettere lo stesso reato (non è facile organizzare tutti i giorni orge con malcapitate) non è detto che possa tentare la fuga (non è facile organizzare fughe all’estero quando sei stato arrestato e non puoi lasciare i confini nazionali), non è detto che possa inquinare le prove (è rischioso cercare di fare pressione sulla vittima affinchè ritratti o ritiri la denuncia) e quindi può anche essere superfluo, eccessivo e ingiusto  tenerlo in carcere. Lo si può tenere ai domiciliari, o obbligarlo a non muoversi oltre i confini di un certo territorio.
In sostanza, finchè non si arriva almeno alla sentenza di primo grado non si può definire iena da branco un individuo che ancora deve essere giudicato, e quindi il principio della presunzione d’innocenza va applicato alla lettera.
Meglio un colpevole a piede libero che un innocente in carcere, ovvero: meglio un potenziale stupratore a piede libero che un innocente spettatore di una serata “goliardica” a base di carne umana rinchiuso in carcere tra gentaglia di chissà quale provenienza.
La nostra Costituzione, nata dopo gli shocks emotivi delle brutalità del ventennio, ha messo nero su bianco dei principi così attenti alla tutela dell’individuo denunciato che alla fine ci si è dimenticati di spendere anche qualche parolina per le vittime.
Le vittime le tutela da sé il buonsenso collettivo, la pietas di estrazione cattolica, il generalizzato senso di protezione che normalmente si ha nei confronti della vittima; i carnefici invece, non riscontrando l’amorevole senso di protezione dell’opinione pubblica, li tutela direttamente la Legge.
Ripetiamo: gli indagati li tutela la Legge, le vittime le tutela il sistema di protezione e assistenza messo in campo da strutture statali e dalla famiglia (psicologi della ASL, rete di amici e parenti che proteggono lo stato di fragilità emotiva della vittima).
Solo che la Legge è un elemento certo, oggettivo e scritto, mentre la rete di protezioni della vittima può avere falle o malfunzionamenti non sanzionabili. Potrebbero ritrovarsi faccia a faccia al supermercato l’indagato in attesa di giudizio e la sua forsevittima, magari al reparto ortofrutta, con lui che, sempre scherzando goliardicamente, le consiglia l’acquisto di banane o cetrioli, così, tanto per scherzare, per goliardeggiare. E se poi la forsevittima è in giro per il supermercato indossando una gonna e non i jeans, ecco, allora se le va proprio a cercare, provoca.
E se poi magari la vittima viene perquisita e si scopre che ha comprato una scatola di profilattici, beh, allora comincia a venire il sospetto che ci stia facilmente un po’ con tutti, se si attrezza con tanta dedizione.
A me può capitare di essere coinvolto in una serata tra amici, magari si è bevuto un po’ troppo, è venuta a bere con noi una nostra amica abbastanza disinibita, e cosa vuoi, partite in tivù non ce ne sono, sul canale otciannelxxxx danno un filmettino niente male, una cosa tira l’altra, insomma può succedere che si aiuti la ragazza a privarsi degli indumenti, e insomma ne viene fuori una seratina allegra, magari disturbata da qualche urlo della tipa, ma si sa, in fondo le piace la cosa, tant’è vero che è pure venuta al pabbe a bere in minigonna, quindi l’intenzione più o meno c’era.
A me o a chiunque può capitare tutto questo, può capitare che io sia solo spettatore di una serata allegra con una tipa non molto consenziente, ma si sa, spesso le donne fingono ritrosia per stimolare un corteggiamento ancora più intenso. Lo dicono anche i trattati di maschilismo, e poi corteggiare deriva da Corte, e quindi, come vedete, la Legge c'entra eccome.
E insomma dicevo: cosa vuoi, mica posso fare il guastafeste che dice “no, fermi, che fate, lo vedete che non vuole”, oppure, peggio ancora, mica posso dire “se non la piantate chiamo la polizia”, mica si fa così, sarei sempre il solito bacchettone e moralista che rovina tutto.
E quindi, solo per non aver disturbato una serata tra amici io dovrei finire in carcere?
Non è giusto, come potete ben vedere.
Sarei come minimo “complice” di un reato, e come massimo “parte attiva” nella delegazione di aguzzini, ma è tutto da dimostrare, gli avvocati ci sono apposta, servono a depistare le indagini e a mettere in cattiva luce le “presunte vittime”.
E quindi, signore e signori, oltre al Codice di procedura penale per i reati commessi, dovremmo scriverne uno per i reati subiti, una sorta di codice di comportamento per le presunte vittime, che specifichino quali siano le misure cautelari da applicare e quali siano i consigli da dare alle vittime in attesa di giudizio.
Per esempio, pensarci diecimila volte prima di denunciare un branco di iene con la bava alla bocca, perché è tutto da dimostrare innanzitutto che erano iene e che c’era la presenza di ipersalivazione da tempesta ormonale, e insomma bisogna anche insegnare alle vittime dalla denuncia facile che prima devono farsi un bell’esame di coscienza sul proprio vestiario e sulle proprie frequentazioni, e poi, ma molto poi, capire se esistono i presupposti per l’atto di somma gravità: la denuncia.
Mica si denuncia così, per un niente.
Perciò, care vittime di violenza sessuale, fate attenzione a quello che dite o fate.
E siccome potreste reiterare il reato di denuncia, magari vi si potrebbe tenere a scopo (ops) cautelativo in carcere, nel braccio femminile, sezione “matte visionarie e anche un po’ mignotte che prima ci stanno e poi dicono che non gli piaceva e che è stata violenza”.
Il cartello col nome della sezione era troppo ingombrante, è un nome di sezione troppo lungo.
Mettiamole tra i detenuti comuni, ste vittime, e che non rompano più le scatole.
La Legge ha da fare cose ben più importanti.